BULLISMO NELLA SCUOLA:" VIOLENZA SOTTO I BANCHI"

 

INTRODUZIONE

 

Il problema del bullismo nelle scuole rappresenta ormai uno dei temi più discussi e studiati nell’ambito scolastico e educativo. Un elemento che risalta chiaramente attraverso le ricerche condotte su tale fenomeno è il silenzio che spesso avvolge gli episodi di bullismo, i loro protagonisti e spesso il contesto culturale in cui tali episodi si perpetrano. Si spera, spesso, che facendo finta di nulla e ignorando le difficoltà i problemi prima o poi scompaiano da soli. E’ diffusa l’idea che i litigi fra i ragazzi scompariranno quando i ragazzi smetteranno di litigare, oppure quando tutti si vorranno bene, o quando anche i più agitati saranno tranquilli, i disturbatori non disturberanno più, i timidi parleranno, e via di seguito, in una lunga serie di autoprescrizioni che sono, se non in casi eccezionali, di impossibile raggiungimento. Nell’ambito dei temi che stiamo trattando troviamo programmazioni educative in cui fra gli obiettivi viene incluso quello di evitare litigi fra i ragazzi. A partire da questo esempio possiamo fare una serie di considerazioni che ruotano attorno alla inevitabilità di certi fenomeni, comportamenti e situazioni. Esiste una mitologia percettiva legata alla pace come armonia che non consente di affrontare le situazioni di perturbazione, di conflittualità, di aggressività e di tutto quello che succede nel momento in cui la divergenza entra a far parte della relazione interpersonale. Il problema non sono tanto le situazioni in sé, quanto lo spirito con cui l’educatore cerca di affrontarle. Ciò vale per i genitori, per gli insegnanti. Oggi c’è una forte enfasi, ad esempio, sulle difficoltà genitoriali nell’ambito della gestione degli adolescenti e dei preadolescenti, ma può essere che il problema non risieda tanto nelle difficoltà caratteristiche dei più giovani, che peraltro risultano oggi ben più vicini ai genitori che non le generazioni precedenti, quanto nella difficoltà da parte dell’adulto di collocarsi in un contesto relazionale problematico e viverlo come una dimensione che possa comunque avere senso. E’ necessaria una decontrazione emotiva, accettando la dimensione di perturbazione come componente essenziale e normale della relazione stessa. Sta in questo la sfida dell’educazione alla pace, nel creare le condizioni affinché il rapporto possa alimentarsi non solo nella simpatia ma anche nella discordanza e nella diversità. E’ una sfida enorme ma imprescindibile all’interno di una società che diventa sempre più densa di complessità etniche e sociali, in cui i cambiamenti sono molto rapidi. L’educazione alla pace non significa altro che un processo di apprendimento di un’arte della convivenza più raffinata della semplice tolleranza, del semplice controllo della diversità. Un’arte della convivenza che diventa un addestramento continuo, incessante, una vera e propria alfabetizzazione che ci porti ad acquisire al livello primario, relazionale, la capacità di stare dentro il conflitto e la diversità come un momento di crescita, e non più come un fattore di paura, di minaccia, in una dimensione aggressiva, se non addirittura distruttiva.

 

 

            DEFINIZIONE DEL CAMPIONE

 Lo strumento per la rilevazione dei dati relativi al fenomeno bullismo [che si riporta in appendice] è stato somministrato ad un gruppo di 273 ragazzi appartenenti a 14 classi diverse sorteggiate con tecnica random tra tutte le classi dell’Istituto. Il campione casuale così ottenuto può, con buona approssimazione, ritenersi rappresentativo dell’intera popolazione studentesca dell’Istituto in questione.

 

Le classi sorteggiate e le relative percentuali sono riportate nella tabella.

 

 

CLASSE

QUEST. DISTRIB.

QUEST. VALIDI

FR

QUEST. VALIDI

FR%

 

1C

25

25

9.2

1A

20

20

7.3

1D

23

21

7.7

2A

19

19

7.0

2E

25

24

8.8

2F

23

23

8.4

3C

22

22

8.1

3H

18

18

6.6

4C

21

21

7.7

4E

20

20

7.3

4F

14

13

4.8

5F

11

11

4.1

5D

21

20

7.3

5E

16

16

5.9

TOTALE

278

273

100%

 

 

            RISULTATI E DISCUSSIONI

 

Il primo item del questionario somministrato ha avuto lo scopo di verificare se i ragazzi hanno o meno una corretta conoscenza del fenomeno su cui si sta indagando. La maggioranza dei ragazzi (93.4%) individua la giusta definizione di bullismo, dimostrando di sapere di cosa si sta parlando. Solo l’1.8% confonde il bullismo con comportamenti ineducati agiti all’interno del gruppo-classe e l’1.1% con atti più propriamente detti di vandalismo.

il 2.2% dei ragazzi risponde di aver subito “spesso” prepotenze da parte di qualche compagno di scuola; il 28.6% “qualche volta” e la maggioranza (68.1%) ritiene di non aver subito “mai” prepotenze.

Degli 84 ragazzi (30.8%) cui è capitato di aver subito prepotenze da parte di qualche compagno di scuola “spesso” o “qualche volta”, 5 (5.9%) non rispondono alla domanda “cosa hai provato maggiormente?”; l’1.2% dichiara di avere avuto paura; il 19% di essersi arrabbiato; il 21.4% di essersi offeso; il 11.9% di aver avuto voglia di piangere; il 34.5% di aver provato un forte desiderio di vendetta; l’4.8% di aver fatto finta di niente e l’1.2% di essersi trasferito.

 

 

 

 

Si

NO

Incrociando i due item“ti è capitato di subire prepotenze”/”sei stato prepotente secondo te con qualche compagno di scuola” risulta che il 18.7% dei ragazzi esercita prepotenze a carico dei propri compagni di scuola pur non avendole mai subite. Il 10.3% è prepotente e subisce prepotenze “qualche volta”. Il 17.9% subisce prepotenze “qualche volta” pur non essendo mai stato prepotente.

Spesso

5

(1.8%)

1

(0.4%)

Qualche volta

28

(10.3%)

49

(17.9%)

Mai

51

(18.7%)

133

(48.7%)

 

Nella prima e nell’ultima percentuale probabilmente vanno ricercati i ragazzi che giocano rispettivamente il ruolo del bullo e della vittima.

 

Sono soprattutto le terze classi ad ammettere di esercitare prepotenze a danno di qualche compagno di scuola (47.5%); seguono le quarte (45.5%), le quinte (38.3%) e infine le prime e le seconde (16.9%).

Tra i ragazzi che dichiarano di confidarsi con qualcuno quando ricevono una prepotenza, il 57.1% specifica la figura di riferimento della confidenza. La maggioranza dei ragazzi dichiara di parlarne con i compagni di classe (28.6%); seguono i genitori (26.2%) – con la madre (23.8%) piuttosto che con il padre (2.4%); quindi, il fidanzato/a (2.4%).

La figura dell’insegnante non è menzionata, nonostante uno dei posti più frequenti dove si contemplano episodi di prepotenze è la scuola/classe, come emerge da quanto dichiarato dai ragazzi stessi. Dei ragazzi che affermano di subire prepotenze “spesso” o, almeno, “qualche volta” il 17.6% non parla con nessuno dell’accaduto e i ragazzi che si confidano lo fanno preferibilmente con qualche amico.

Un compagno, spesso coetaneo, per quanto possa contenere il disagio emotivo conseguente ad una prepotenza/presa in giro subita, difficilmente riesce ad orientare l’amico verso le strategie più opportune di soluzione del problema.

Un elemento che risalta chiaramente attraverso le ricerche riportate in letteratura su tale fenomeno è il silenzio che spesso avvolge gli episodi di bullismo e i loro protagonisti. le vittime di bullismo, indipendentemente dall’età, hanno in comune la caratteristica di non voler parlare della loro situazione e delle conseguenti sofferenze. Si ha paura e vergogna a condividere queste emozioni. Al contrario, per una vittima, il fatto di poter sfogare le proprie frustrazioni, rabbia, paure o problemi con una persona che offre la propria capacità di ascoltatore, garantendo, in caso di necessità, un intervento appropriato, potrebbe essere la via di uscita da una situazione che sembra senza scampo.

Posti prepotenze

Fr

Fr%

Per il 91% circa dei ragazzi non ci sono dei posti particolari dove si subiscono prepotenze da parte dei coetanei; la rimanente percentuale segnala invece dei posti elettivi (vd. tabella accanto).

 

Autobus

1

0.4%

Campo di calcio

2

0.7%

Famiglia

1

0.4%

Lavoro

1

0.4%

Scuola

15

5.5%

Strada

5

1.8%

TOTALE

25

 9.2%

 

 

 

Reazione emotiva

Alla presa in giro

Fr

Fr%

Al 63% (172ss) dei ragazzi è capitato di essere preso in giro da qualche compagno di scuola. La maggioranza dei ragazzi (71ss; 26%) in risposta alla presa in giro vive emozioni e sentimenti di natura reattiva (rabbia 9.2%; desiderio di vendetta 16.8%); il 10.3% si sente imbarazzato; il 13.9% offeso; il 4.8% confessa di non riuscire a trattenere le lacrime.

Imbarazzo

28

10.3%

Rabbia

25

9.2%

Offesa

38

13.9%

Pianto

13

4.8%

Vendetta

46

16.8%

Indifferenza

16

5.9%

Non risponde

6

2.2%

TOTALE

172

100

 

 

 

Soltanto il 5.9% riesce a rimanere indifferente alla presa in giro.

 

 

 

 

 

Come reagisci se qualcuno fa il prepotente con te?”

                                                  

 

REAZIONE ALLA

PREPOTENZA

FR

FR%

Di fronte alla prepotenza (23.8%) più che alla presa in giro (5.9%) i ragazzi riescono ad ostentare indifferenza. La maggioranza (51.3%), comunque, dichiara di reagire o a parole o con le azioni alla prepotenza subita. Solo piccole percentuali di ragazzi riescono a mettere in atto strategie di soluzione del problema: farsi consigliare dai genitori (0.4%); cercare di capire perché il prepotente si comporta in quel modo parlandone direttamente con lui (4.4%).

 

Non risponde

32

11.7%

Mi chiudo in me stesso

3

1.1%

Lo dico ai genitori

1

0.4%

Evito il prepotente

7

2.6%

Rimango indifferente

65

23.8%

Mi arrabbio

4

1.5%

Parlo col prepotente

12

4.4%

Piango

5

1.8%

Reagisco

140

51.3%

Subisco e sto male

4

1.5%

TOTALE

273

100

 

 

 

Una percentuale di ragazzi, subita una prepotenza, dichiara di non esternare le proprie reazioni emotive: l’1.1% si chiude in se stesso; l’1.5% prova sentimenti di rabbia ma si sente incapace di reagire; l’1.8% piange; l’1.5% subisce e sta male. Sono questi ultimi atteggiamenti che in genere contribuiscono a cristallizzare il ruolo della vittima designata. La più recente letteratura in proposito riporta, infatti, che il ragazzo che recita il ruolo del bullo in genere è portato a perpetrare i propri comportamenti quando la vittima non reagisce e si dimostra in qualche modo intimorita. L’atteggiamento migliore per contrastare comportamenti di prepotenza è ostentare indifferenza, dimostrandosi forti e non impauriti, senza mettere in atto reazioni di alcun tipo. Capacità, quest’ultima, che non tutti i ragazzi riescono a mettere in pratica in mancanza di una predisposizione caratteriale o di un’adeguata preparazione.

Il 30.8% (84) dei ragazzi dichiara di essere stato prepotente con qualche compagno di scuola contro il 68.1% (186) che ritiene di non esserlo mai stato; mentre l’1.1% (3) preferisce non pronunciarsi in proposito.

Degli 84 ragazzi che affermano di essere stati prepotenti con qualche compagno di scuola il 28.6% (24ss) non dà una spiegazione del suo comportamento. Di quelli che, invece, rispondono, la maggioranza (31.7%) dichiara di essere stata prepotente per vendicarsi di una prepotenza subita a propria volta. Il 18.3% lo fa per scherzare e il 16.7% perché ritiene che il comportarsi in maniera prepotente faccia parte del proprio carattere.

L'empatia, ossia la capacità di essere in sintonia emozionale, si basa sull'autoconsapevolezza. Tanto più siamo aperti e comprendiamo le nostre emozioni, tanto più sapremo leggere quelle degli altri. Questo è alla base della capacità identificatoria, uno degli elementi carenti negli aggressori, nei confronti delle loro vittime. Ben il 20% afferma, infatti, di agire prepotentemente perché si diverte di fronte alla non reazione della vittima, che viene percepita come debole, dimostrando evidentemente una carenza nella capacità di mettersi nei panni del compagno che subisce (vd. tabella riportata sotto).

 

 

MOTIVO DELLA PREPOTENZA

FR

FR%

Non reagisce è debole e mi diverto

12

20%

È antipatico

6

10%

Per difendere qualche mio compagno

1

1.7%

Per scherzare

11

18.3%

È il mio carattere

10

16.7%

Per vendicarmi di una prepotenza subita

19

31.7%

Perché lo fa il gruppo

1

1.7%

TOTALE

60

100%

 

“Come si sente, secondo te, un ragazzo vittima di prepotenze?”

 

 

 

F

F%

Non risp.

 

14

5.1%

Non so

 

4

1.5%

Abbandonato/solo

 

5

2.8%

Arrabbiato/vendicativo

 

18

6.6%

Emarginato/escluso /diverso/imbarazzato

 

37

13.5%

Ignorante/stupido/colpa

 

4

1.5%

Indifeso/inferiore/insicuro/impaurito

 

27

9.9%

Male/sofferente/triste

57

20.9%

Offeso/umiliato/svalutato/nullita/inutile/

impotente/fallito/frustrato/debole/demotivato

107

39.2%

 

273

100

 

 

Circa il 31% dei ragazzi dichiara di essere stato prepotente con qualche compagno di scuola per quanto il 92% dei ragazzi si dichiari consapevole che lo stato d’animo conseguente ad una prepotenza, per chi la subisce, è tutt’altro che positivo (vd.tabella sopra).

La presa in giro risulta molto più frequente della prepotenza propriamente detta. Il 53.5% dei ragazzi afferma, infatti, di aver preso in giro almeno qualche volta un proprio compagno di scuola e la motivazione più frequente è “per scherzare/divertirci” (63.7%); l’11.2% prende in giro perché il compagno è antipatico o comunque percepito diverso da sé; il 2.5% lo fa per vendicarsi di qualcosa; per il 4.9% è normale prendere in giro certi compagni per una sorta di comportamento acquisito, visto che tutti lo fanno. La rimanente parte si astiene dal dare una risposta.

 

 

 

 

Si

NO

Incrociando i due item “ti è capitato dei essere preso in giro da qualche compagno di scuola”/”ti capita di prendere in giro qualche compagno di scuola”. La presa in giro viene subita ed agita dalla maggioranza dei ragazzi (38.8%); il 24.2% subisce soltanto la presa in giro, mentre, il 14.6% la esercita solamente.

SI

106

(38.8%)

40

(14.6%)

NO

66

(24.2%)

61

(22.3%)

 

Mentre per quanto riguarda le prepotenze subite non c’è una differenze evidente tra i vari livelli delle classi, relativamente all’essere preso in giro risulta, invece, che è più frequente nelle quarte classi (69.1%) e nelle quinte classi (65.9%); seguono le seconde (63.6%), le prime (58.4%) e le terze (57.5%).

La presa in giro risulta più frequente tra i ragazzi delle terze (65%) e delle quarte classi (61.8%); seguono le seconde (60.6%), le quinte (44.7%) e le prime (38.5%).

Il ruolo della vittima spesso nasce e si cristallizza nel tempo partendo dalla percezione della  fisicità che il ragazzo ha di sé. La convinzione di non avere strumenti adeguati per reagire ad una prepotenza, fisica o verbale che sia, spesso prende spunto da una autoconsapevolezza più o meno fondata di essere più deboli fisicamente rispetto all’altro da sé, ciò contribuisce a sentire minacciata la propria incolumità fisica in caso di controreazioni violente ad una propria reazione. Una minoranza dei ragazzi (14.3%) dichiara di sentirsi più debole fisicamente rispetto alla maggioranza dei propri compagni di classe.

 

 

 

Si

NO

Incrociando i due item”ti capita di prendere in giro qualche compagno di scuola”/”ti senti più debole fisicamente rispetto alla maggior parte dei tuoi compagni” risulta che solo l’8% dei ragazzi che dichiara di sentirsi più debole fisicamente rispetto alla maggior parte dei propri coetanei dichiara anche di prendere in giro i propri compagni.

SI

14

22

(8.0%)

124

(45.4%)

NO

17

(6.2%)

110

(40.3%)

 

  

“Cosa pensi si debba fare quando si viene preso in giro o si subisce una prepotenza?”

 

Strategie dei ragazzi per affrontare

prese in giro o prepotenze

FR

FR%

 

PARLARNE CON PERSONA ADULTA (PSICOLOGA; GENITORI; PRESIDE; PROFESSORI)

91

33.3

 

VENDICARSI

47

17.2

 

OSTENTARE INDIFFERENZA

39

14.3

 

DIFENDERSI DA SOLO

28

10.3

 

NON RISPONDE

23

8.4

 

DIMOSTRARSI FORTI

17

6.2

 

IGNORARE L’ACCADUTO

13

4.8

 

EVITARE  IL BULLO

6

2.2

 

PARLARE COL BULLO

4

1.5

 

DENUNCIARE ALLE AUTORITA’

3

1.1

 

NON SO

2

0.7

TOTALE

273

100

 

Di fronte alla presa in giro e alla prepotenza la maggioranza dei ragazzi (33.3%) ritiene che si debba parlarne con un adulto, per quanto poi di fatto solo lo 0.4% dei ragazzi che subiscono prepotenze o prese in giro abbiano dichiarato di parlarne con un adulto di riferimento. La maggioranza dei ragazzi, dunque, plausibilmente riesce ad individuare strategie costruttive di soluzione del problema, ma non riesce a metterle in pratica. Data la fascia d’età, il ricorso ad un adulto potrebbe essere vissuto come un fallimento nella propria capacità di risolvere i problemi da solo o comunque temere che i compagni potrebbero interpretare la richiesta di aiuto come un’ulteriore debolezza. Il 33.7% dei ragazzi, infatti, ritiene che di fronte alla prepotenza/presa in giro subita si debba tentare di risolvere da soli il problema: vendicarsi (17.2%); difendersi da solo (10.3%); dimostrarsi forti (6.2%). Al contrario, per una vittima, come già accennato in precedenza, il fatto di poter sfogare le proprie frustrazioni, rabbie, paure o problemi con una persona, soprattutto se fa parte del contesto scolastico e che offra la propria capacità di ascoltatore, garantendo, in caso di necessità, un intervento appropriato, potrebbe essere la via di uscita da una situazione che sembra

senza scampo. Per i testimoni degli episodi violenti, poi, il fatto che sia ufficializzata una figura di mediatore e di ascoltatore specificamente interessato al problema del bullismo, garantisce una sicurezza e una motivazione a rompere il silenzio che contribuisce a tenere isolata la vittima.

E’ stato chiesto ai ragazzi se ci sono dei compagni di scuola con i quali non si va proprio d’accordo per valutare se alla base della presa in giro e delle prepotenze ci possa essere una relazione disturbata già alla radice. Il 38.8%n (106ss) dichiara che ci sono dei compagni di classe con i quali non va proprio d’accordo contro il 60.4% che non vive questa situazione. Nella maggioranza dei casi, quindi, la presa in giro e la prepotenza non prendono spunto da un disaccordo relazionale. Per i ragazzi che dichiarano di vivere questo disaccordo le motivazioni che ne sono alla base, come dichiarato dai ragazzi stessi, sono specificate nella tabella riportata di seguito.

 

Motivo del disaccordo

 

FR

FR%

DIVERSITA’ CARATTERIALE

31

29.2

SONO ANTIPATICI

21

19.8

SI SENTONO SUPERIORI

19

17.9

SONO FALSI

14

13.2

PRENDONO IN GIRO

8

7.5

SONO INSIGNIFICANTI

6

5.7

NON RISP

4

3.8

SONO INVIDIOSI

2

1.9

MI ESCLUDONO

1

0.9

TOTALE

106

100

 

Oltre alle forme di bullismo diretto, agite con comportamenti evidenti, quali appunto la presa in giro o la prepotenza fisica o verbale, si rilevano anche forme di bullismo indiretto consistenti, in questo caso, nell’isolare/emarginare un compagno dal resto della classe o da un gruppo della classe: il 4.4% dei ragazzi dichiara di sentirsi “spesso” isolato dal gruppo-classe; al 26.4% dei ragazzi capita “qualche volta” e al 68.1% “mai”. La sensazione di sentirsi isolato dal resto della classe è più frequente nelle ultime classi rispetto alle prime dove, contrariamente, si poteva presumere una maggiore difficoltà di inserimento con i compagni conosciuti da meno tempo. Sono, infatti, i ragazzi delle quinte classi (42.6%) e delle quarte (34.5%) ha dichiarare di provare tale sensazione “spesso” o “qualche volta”; seguono le terze (32.5%), le seconde (27.3%) e infine le prime classi (21.5%).

La maggioranza dei ragazzi si dimostra informata sul fatto che minacciare, offendere, prendere in giro rappresentano comportamenti perseguibili legalmente, nonostante messi in atto con una certa frequenza. Una buona percentuale di ragazzi (41.8%) ignora, comunque, questo dato essenziale, sul quale dovrebbero essere opportunamente informati. Anche per quanto riguarda la perseguibilità legale dei minorenni la maggioranza risponde correttamente anche se pure in questo caso una percentuale significativa (34.1%) ignora la perseguibilità legale di atti compiuti da minorenni. Dato ancora più preoccupante è che la maggioranza dei ragazzi ritiene che il minorenne non sia penalmente perseguibile (vd. tabella di seguito).

 

 

VERO

FALSO

NON RISP

Minacciare, offendere, prendere in giro sono

tutti reati perseguibili legalmente

153

(56%)

114 (41.8%)

6

(2.2%)

 

I minorenni non sono perseguibili legalmente

93

(34.1%)

176 (64.5%)

4

(1.5%)

 

Il 14enne non risponde personalmente di reati perseguibili penalmente

 

144 (52.7%)

 

121 (44.3%)

 

8

(2.9%)

Sono soprattutto i ragazzi delle quarte e delle quinte ad essere a conoscenza del fatto che la presa in giro la minaccia l’offesa rappresentano dei veri e propri reati perseguibili legalmente e che anche se minorenni si può essere perseguiti legalmente e rispondere personalmente di reati di natura penale se compiuti i 14 anni di età (vd. tabella di seguito).

 

 

Prime

Seconde

Terze

Quarte

Quinte

Minacciare, offendere, prendere in giro sono

tutti reati perseguibili legalmente

53.8%

53.8%

55%

61.8%

57.4%

 

I minorenni non sono perseguibili legalmente

 

 

55.4%

 

66.7%

 

77.5%

 

58.2%

 

70.2%

 

Il 14enne non risponde personalmente di

reati perseguibili penalmente

 

46.2%

 

31.8%

 

35%

 

49.1%

 

61.7%

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item “minacciare offendere prendere in giro sono tutti reati perseguibili legalmente”/”sei stato prepotente secondo te con qualche compagno di scuola”. Anche in questo caso tra i ragazzi che ammettono di essere prepotenti sono di più (16.2%) coloro che sanno che la prepotenza è un reato perseguibile legalmente rispetto a chi ignora questo fatto (13.9%).

SI

44

(16.2%)

38

(13.9%)

NO

107

(39.2%)

75

(27.5%)

 

 

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item “i minorenni non sono perseguibili legalmente”/ “sei stato prepotente secondo te con qualche compagno di scuola” risulta che è’ soprattutto chi ha la consapevolezza che seppure minorenne può essere perseguito legalmente (17.6%) a dichiarare di essere stato prepotente con qualche coetaneo rispetto a chi ignora questa cosa (12.8%).

SI

35

(12.8%)

48

(17.6%)

NO

57

(20.9%)

126

(46.1%)

 

 

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item “il 14 enne risponde personalmente di reati perseguibili penalmente” / “sei stato prepotente secondo te con qualche compagno di scuola” risulta che il fatto di esercitare prepotenze a danno dei propri coetanei non sembra assolutamente essere influenzato dalla consapevolezza o meno che tali comportamenti sono legalmente perseguibili.

SI

41

(15%)

40

(14.6%)

NO

102

(37.4%)

79

(28.9%)

 

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item” minacciare offendere prendere in giro sono tutti reati perseguibili legalmente”/”ti capita di prendere in giro qualche compagno di scuola” risulta che il 30.4% dei ragazzi, pur essendo consapevole che la presa in giro è un reato perseguibile legalmente, dichiara di prendere in giro i propri compagni di scuola.

SI

83

(30.4%)

60

(21.9%)

NO

70

(25.6%)

54

(19.8%)

 

Una percentuale minore (21.9%) lo fa nella non consapevolezza, però, di stare commettendo un atto che legalmente rappresenta un reato.

 

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item “i minorenni non sono perseguibili legalmente”/”ti capita di prendere in giro qualche compagno di scuola”, risulta che il 17.9% dei ragazzi che dichiara di prendere in giro ritiene che, in quanto minorenne, non sia perseguibile legalmente e la maggioranza dei ragazzi che prendono in giro (34.8%) lo fanno nella consapevolezza di essere perseguibili legalmente.

SI

49

(17.9%)

95

(34.8%)

NO

44

(16.1%)

81

(29.7%)

 

 

 

 

 

VERO

FALSO

Incrociando i due item “il 14 enne risponde personalmente di reati perseguibili penalmente/”ti capita di prendere in giro qualche compagno di scuola” risulta che sono più i ragazzi  (29%) che sono a conoscenza del fatto che i minorenni dai 14 anni in poi rispondono di persona di reati di natura penale ad esporsi a tale ipotetico rischio con la presa in giro rispetto a quelli che lo fanno nella non conoscenza di tale possibile conseguenza legale.

SI

79

(29%)

64

(23.4%)

NO

65

(23.8%)

 

57

(20.9%)

 

 

 

Secondo la maggioranza dei ragazzi (28.9%) una delle possibili soluzioni per gli episodi di bullismo consisterebbe nell’applicare punizioni più severe per coloro che agiscono atti di questo tipo; qualcuno, in particolare, fa riferimento alla incarcerazione (1.5%). Un’altra consistente percentuale ritiene che la soluzione debba partire dagli adulti di riferimento (insegnanti; genitori) ai quali imputano il dilagare del fenomeno perché non in grado di educare “come si deve” i figli/alunni (11.4%) o di tenerli sotto controllo (8.4%). Il 7.3% dei ragazzi richiederebbe l’intervento di una persona esperta/competente; mentre, il 9.9% si pone in una posizione di rassegnazione, dichiarando che episodi di violenza sono normali, poiché conseguenza di una connaturata predisposizione umana all’aggressività (vd. tabella di seguito).

 

 

 

 

 “cosa si potrebbe fare secondo te per ridurre gli episodi di bullismo”?

 

STRATEGIE DI SOLUZIONE DEL BULLISMO PROPOSTE DAI RAGAZZI

FR

FR%

Maggiore severità con i bulli

79

28.9

Non lo so

70

25.6

Educare meglio i ragazzi

31

11.4

Non si può risolvere

27

9.9

Maggiore controllo da parte degli adulti

23

8.4

Far intervenire persona esperta/competente

20

7.3

Comunicare con il bullo

7

2.6

Picchiare il bullo

5

1.8

Carcere per i bulli

4

1.5

Le vittime devono dimostrarsi più forti

3

1.1

Il gruppo deve isolare il bullo

3

1.1

Installare telecamere a scuola

1

0.4

TOTALE

273

100

 

 

 

 

La tematica che attrae maggiormente l’interesse dei ragazzi è la sessualità (42.1%) seguita immediatamente dalle tossicodipendenze (41.8%). Meno consensi, invece, riscuotono i disturbi del comportamento alimentare (2.6%).

 

TEMATICHE SCELTE DAI RAGAZZI COME OGGETTO DI DISCUSSIONE

FR

FR%

SESSUALITA’

115

42.1%

TOSSICODIPENDENZE

114

41.8%

DISTURBI ALIMENTARI

37

13.6%

NON RISP.

7

2.6%

TOTALE

273

100

 

 

 

 

Le tossicodipendenze sono scelte come preferibile argomento di conversazione/dibattito dalle prime (54.5%), dalle quarte (50%) e dalle quinte classi (42.6%). La sessualità, invece, è la tematica privilegiata dalle seconde (60.6%) e dalle terze classi (45%). I disturbi alimentari raccolgono la maggior percentuali di consensi nelle terze (22.5%) e nelle quinte classi (19.1%). [vd. tabella di seguito].

 

 

 

Non risp.

Sessualità

Dist.alimentari

tossicodipendenze

Prime

1.5%

34.8%

9.0%

54.5%

Seconde

3.0%

60.6%

10.6%

35.7%

Terze

 

45%

22.5%

32.5%

Quarte

 

38.9%

11.1%

50%

Quinte

8.5%

27.6%

19.1%

42.6%

 

 

 

           CONCLUSIONI E PROPOSTE

 

Nel complesso la maggioranza dei ragazzi dimostra di conoscere il fenomeno “bullismo” individuandone la giusta definizione: “un insieme di comportamenti offensivi, fisici o verbali, agiti ripetutamente a danno di una persona più debole”.

La maggioranza dei ragazzi intervistati ritiene di non aver subito “mai” prepotenze. il 18.7% dei ragazzi esercita prepotenze a carico dei propri compagni di scuola pur non avendole mai subite. Il 10.3% è prepotente e subisce prepotenze “qualche volta”. Il 17.9% subisce prepotenze “qualche volta” pur non essendo mai stato prepotente. Nella prima e nell’ultima percentuale probabilmente vanno ricercati i ragazzi che giocano rispettivamente il ruolo del bullo e della vittima.

Sono soprattutto le terze classi ad ammettere di esercitare prepotenze a danno di qualche compagno di scuola; seguono le quarte, le quinte e infine le prime e le seconde. Dato, quest’ultimo, non in sintonia con le più recenti indagini riportate in letteratura, secondo le quali le prepotenze e le prese in giro sarebbero molto più frequenti nelle prime classi, per andare progressivamente diminuendo nel corso degli anni successivi.

Dei ragazzi che affermano di subire prepotenze “spesso” o, almeno, “qualche volta” il 17.6% non parla con nessuno dell’accaduto e i ragazzi che si confidano lo fanno preferibilmente con qualche amico. La maggioranza dei ragazzi dichiara di parlarne con i compagni di classe (28.6%); seguono i genitori (26.2%) – con la madre (23.8%) piuttosto che con il padre (2.4%); quindi, il fidanzato/a (2.4%).

La figura dell’insegnante non è menzionata, nonostante uno dei posti più frequenti dove si contemplano episodi di prepotenze è la scuola/classe, come emerge da quanto dichiarato dai ragazzi stessi.

Un compagno, spesso coetaneo, per quanto possa contenere il disagio emotivo conseguente ad una prepotenza/presa in giro subita, difficilmente riesce ad orientare l’amico verso le strategie più opportune di soluzione del problema.

Un elemento che risalta chiaramente attraverso le ricerche riportate in letteratura su tale fenomeno è il silenzio che spesso avvolge gli episodi di bullismo e i loro protagonisti. le vittime di bullismo, indipendentemente dall’età, hanno in comune la caratteristica di non voler parlare della loro situazione e delle conseguenti sofferenze. Si ha paura e vergogna a condividere queste emozioni. Al contrario, per una vittima, il fatto di poter sfogare le proprie frustrazioni, rabbia, paure o problemi con una persona che offre la propria capacità di ascoltatore, garantendo, in caso di necessità, un intervento appropriato, potrebbe essere la via di uscita da una situazione che sembra senza scampo.

 

In Canada, Usa, Giappone e Inghilterra esistono oramai da anni sistemi di intervento antibullismo nelle scuole basati sulle tecniche del Peer Support, che consiste in gruppi di studenti che, formati alle tecniche dell’ascolto attivo e al supporto, offrono aiuto ai loro “colleghi” in difficoltà e che sono solitamente supervisionati da insegnanti a loro volta adeguatamente addestrati. Il Peer Support applicato nelle scuole nasce dall’aver riscontrato che per i ragazzi spesso c’è una maggiore facilità a confidarsi con dei coetanei piuttosto che con adulti. In realtà, però, intervistando ragazzi che fanno parte di tali scuole ma che non hanno mai utilizzato queste tecniche, pur avendone bisogno, è risultato che alcuni di loro preferirebbero parlare con adulti perché si sentirebbero più protetti e meno esposti.

Alla maggioranza dei ragazzi  capita di essere preso in giro da qualche compagno di scuola, reagendo alla presa in giro con emozioni e sentimenti soprattutto di natura reattiva (rabbia; desiderio di vendetta).

Di fronte alla prepotenza più che alla presa in giro i ragazzi riescono ad ostentare indifferenza. La maggioranza, comunque, dichiara di reagire o a parole o con le azioni alla prepotenza subita. Solo piccole percentuali di ragazzi riescono a mettere in atto strategie di soluzione del problema: farsi consigliare dai genitori; cercare di capire perché il prepotente si comporta in quel modo parlandone direttamente con lui.

Una piccola, ma, importante percentuale di ragazzi, subita una prepotenza, dichiara di non esternare le proprie reazioni emotive: si chiude in se stesso; prova sentimenti di rabbia ma si sente incapace di reagire; piange; subisce e sta male. Sono questi ultimi atteggiamenti che in genere contribuiscono a cristallizzare il ruolo della vittima designata. La più recente letteratura in proposito riporta, infatti, che il ragazzo che recita il ruolo del bullo in genere è portato a perpetrare i propri comportamenti quando la vittima non reagisce e si dimostra in qualche modo intimorita. L’atteggiamento migliore per contrastare comportamenti di prepotenza è ostentare indifferenza, dimostrandosi forti e non impauriti, senza mettere in atto reazioni di alcun tipo. Capacità, quest’ultima, che non tutti i ragazzi riescono a mettere in pratica in mancanza di una predisposizione caratteriale o di un’adeguata preparazione.

Tra i che affermano di essere stati prepotenti con qualche compagno di scuola circa un terzo non dà una spiegazione del suo comportamento. L'empatia, ossia la capacità di essere in sintonia emozionale, si basa sull'autoconsapevolezza. Tanto più siamo aperti e comprendiamo le nostre emozioni, tanto più sapremo leggere quelle degli altri. Questo è alla base della capacità identificatoria, uno degli elementi carenti negli aggressori, nei confronti delle loro vittime.

  La presa in giro risulta molto più frequente della prepotenza propriamente detta. La maggioranza dei ragazzi afferma, infatti, di aver preso in giro almeno qualche volta un proprio compagno di scuola e la motivazione più frequente è “per scherzare/divertirci”.

Di fronte alla presa in giro e alla prepotenza la maggioranza dei ragazzi ritiene che si debba parlarne con un adulto, per quanto poi di fatto solo una piccolissima percentuale di ragazzi che subiscono prepotenze o prese in giro ne parlano con un adulto di riferimento. La maggioranza dei ragazzi, dunque, plausibilmente riesce ad individuare strategie costruttive di soluzione del problema, ma non riesce a metterle in pratica. Data la fascia d’età, il ricorso ad un adulto potrebbe essere vissuto come un fallimento nella propria capacità di risolvere i problemi da solo o comunque temere che i compagni potrebbero interpretare la richiesta di aiuto come un’ulteriore debolezza.

Ufficializzare una figura di mediatore e di ascoltatore specificamente interessato al problema del bullismo all’interno del contesto scolastico in un certo senso comunicherebbe ai ragazzi un messaggio di normalizzazione della richiesta di aiuto. Non solo per una vittima, il fatto di poter sfogare le proprie frustrazioni, rabbie, paure o problemi con una persona, soprattutto se fa parte del contesto scolastico e che offra la propria capacità di ascoltatore, garantendo, in caso di necessità, un intervento appropriato, potrebbe essere la via di uscita da una situazione che sembra

senza scampo, ma anche per i testimoni degli episodi violenti potrebbe garantire una sicurezza e una motivazione a rompere il silenzio che contribuisce a tenere isolata la vittima.

            Oltre alle forme di bullismo diretto, agite con comportamenti evidenti, quali appunto la presa in giro o la prepotenza fisica o verbale, si rilevano anche forme di bullismo indiretto che si manifesta in forme “relazionali”, più sottili, come l'esclusione dal gruppo e l'isolamento della vittima. Circa il 31%d dei ragazzi dichiara di sentirsi spesso o almeno qualche volta isolato dsl resto della classe. Sensazione, quest’ultima, più frequente nelle ultime classi rispetto alle prime dove, contrariamente, si poteva presumere una maggiore difficoltà di inserimento con i compagni conosciuti da meno tempo.

La maggioranza dei ragazzi si dimostra informata sul fatto che minacciare, offendere, prendere in giro rappresentano comportamenti perseguibili legalmente, nonostante messi in atto con una certa frequenza. Una buona percentuale di ragazzi (41.8%) ignora, comunque, questo dato essenziale, sul quale dovrebbero essere opportunamente informati. Anche per quanto riguarda la perseguibilità legale dei minorenni la maggioranza risponde correttamente anche se pure in questo caso una percentuale significativa (34.1%) ignora la perseguibilità legale di atti compiuti da minorenni. Dato ancora più preoccupante è che la maggioranza dei ragazzi ritiene che il quattordicenne non sia penalmente perseguibile.

Secondo la maggioranza dei ragazzi una delle possibili soluzioni per gli episodi di bullismo consisterebbe nell’applicare punizioni più severe per coloro che agiscono atti di questo tipo. Un’altra consistente percentuale ritiene che la soluzione debba partire dagli adulti di riferimento (insegnanti; genitori) ai quali imputano il dilagare del fenomeno perché non in grado di educare “come si deve” i figli/alunni o di tenerli sotto controllo (8.4%).

«Il bullismo nasce e si alimenta dalla totale mancanza di regole, per questo anche la scuola deve cambiare e fornire non solo istruzione, ma soprattutto educazione. Sono gli stessi ragazzi a dirci “siate severi, insegnateci a vivere”, perché hanno bisogno di testimoni autentici che rispettino loro per primi le regole universali del rispetto e dell'educazione» [Paolo Crepet -  psichiatra, psicologo].

Dall’analisi delle risposte date agli item volti ad indagare le tematiche di maggior interesse per i ragazzi risulta che quella che attrae maggiormente è la sessualità (scelta soprattutto dalle seconde e dalle terze classi) seguita immediatamente dalle tossicodipendenze (scelta soprattutto dalle prime, quarte e quinte classi. Meno consensi, invece, riscuotono i disturbi del comportamento alimentare (frequenti soprattutto tra i ragazzi delle terze e delle quinte classi).

Concludiamo proponendoci che parlare di bullismo con i ragazzi, in incontri/dibattito programmati, rappresenti l’inizio di un percorso di dialogo e confronto che sia un’opportunità per stimolarli ad una riflessione più ampia sui diritti umani e su una cultura del rispetto della dignità della persona, della cooperazione e della legalità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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