novembre 2014
novembre 2014

 

Il tempo ha fatto di noi "l'orologio che ne misura lo stesso trascorrere" (Shakespeare, Riccardo II)

 

 

 

La relatività psicologica del tempo: siamo cattivi o andiamo semplicemente di fretta?

 Natale!

Nella cripta di Santa Maria della Concezione a Roma, ai piedi di un cumulo di ossa, che compongono il lugubre monumento costruito nel XVIII secolo all'importanza del tempo, è riportata la seguente iscrizione: << ciò che voi siete noi eravamo, ciò che noi siamo voi sarete>>.

Ciò ad ammonire ad un uso intelligente del nostro tempo, la più preziosa delle nostre risorse, tale proprio perchè ineluttabilmente limitata.

Il tempo non è relativo soltanto dal punto di vista fisico, come ci ha elegantemente insegnato il grande Einstein.

Lo stato emotivo, la prospettiva temporale, il ritmo di vita della comunità alla quale apparteniamo influiscono sulla nostra esperienza del tempo.

Lo stesso Einstein osservava: se un uomo siede per un'ora accanto ad una bella ragazza, gli sembrerà un minuto. Ma fatelo sedere per un minuto su una stufa accesa, e non avrà mai vissuto un'ora più lunga.

E' tempo di vacanze e ciascuno di noi sperimenta la sensazione che le ore volino via velocemente, quelle stesse ore che in ufficio, per esempio, sembra non passino mai.

Questa è relatività psicologica del tempo.

La nostra relazione con il tempo influisce sui nostri comportamenti e varia non solo in funzione del tipo di attivita'  in cui siamo impegnati e della sua piacevolezza, ma anche dal "ritmo di vita" della nostra comunita' di appartenenza.

La pressione temporale cui siamo sottoposti, dati i nostri impegni più o meno incalzanti, può renderci cattivi?

Nel 1977 gli psicologi sociali John Darley e Dan Batson hanno condotto un esperimento su alcuni studenti di teologia dell'Universita' di Princeton .

Ad essi venne assegnato il compito di tenere un sermone sulla parabola del buon samaritano in un edificio ubicato dall'altra parte del campus che dovevano raggiungere per esporre il proprio sermone ed essere giudicati dai supervisori.

Il gruppo di studenti venne diviso in due sottogruppi: agli studenti del primo sottogruppo venne detto che dovevano affrettarsi a raggiungere l'altra parte del campus, poichè erano in ritardo e i supervisori li stavano aspettando già da qualche minuto; agli studenti dell'altro gruppo venne detto, invece, che avevano tanto tempo a disposizione prima della presentazione ai supervisori del proprio sermone.

Nel tragitto verso il campus un complice degli sperimentatori recita la parte di una persona evidentemente bisognosa di aiuto, raggomitolata a terra, squassata dalla tosse.

Il seminarista deve scegliere tra l'aiutare uno sconosciuto in difficoltà, come fece il buon samaritano, e il tirare dritto per esporre un sermone sull'importanza di essere un buon samaritano!

E' risultato che, nella maggior parte dei casi, gli studenti cui era stato fatto credere di essere in tempo si sono fermati per soccorerre lo sconosciuto bisognoso, coerentemente con la loro vocazione. Sorprendentemente, invece, il 90% degli studenti nella condizione "in ritardo" ha ignorato l'uomo in difficolà.

 

Basta una sottile manipolazione del tempo per ottenere che una persona dabbene, animata dalle migliori intenzioni, anteponga i propri affari al bene di una persona evidentemente bisognosa di assistenza (P. Zimbardo, J. Boid: Il paradosso del tempo).

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