Qualche settimana fa sono stata in Toscana a Scandicci per assistere ad un’esibizione musicale organizzata dalla scuola di mio figlio, di quasi tredici anni.

Non sono una buona conoscitrice di musica, anzi nemmeno mediocre, non sono in grado di capire la bravura tantomeno l’errore, ma in quanto essere umano sono in grado di emozionarmi. E nell’Auditorium di Scandicci mi sono veramente emozionata! Quell’orchestra, quei ragazzini, non più entità separate ma corpo unico in sintonia per produrre la “loro” musica, mi hanno veramente emozionato. 

Ognuno consapevole in ogni momento che l’errore di uno sarebbe stato l’errore di tutti.

Ma non è di questa emozione che voglio parlarvi.

Nel clima festoso e allegro dell’Auditorium ad un certo punto il conduttore ha presentato un certo Luigi Ciatti. Non avevo idea di chi fosse. Ho posato lo sguardo distrattamente sul volto di quell’uomo, pronta ad assistere all’ennesima consegna dell’ennesimo premio di quella serata bella sì, ma lunga e stancante anche per noi genitori spettatori. Prima ancora che quell’uomo cominciasse a parlare, l’espressione dei suoi occhi, del suo volto, su cui poi mi sono soffermata, rimanendovi ancorata per tutto il tempo del suo discorso, mi ha comunicato un dolore devastante, un dolore senza nome. 

Quando ha iniziato a parlare è stato il tono della sua voce, prima ancora che il contenuto del suo racconto, che mi ha scosso nel profondo tanto che l’unica via di fuga all’emozione è stato un pianto silenzioso e nascosto con cui ho accolto la testimonianza di quell’uomo, di quel genitore.

La cappa di silenzio calata nell’Auditorium è stato il suono più assordante di quella serata.

Poco meno di un anno fa suo figlio, Niccolò Ciatti, un ragazzo di una ventina di anni, in una discoteca in Spagna, ha perso la vita, picchiato a morte da coetanei in una rissa.

<<Mio figlio era poco più grande dei vostri. Se avessi saputo gli avrei dato più affetto>>

Così ci ha detto, non solo questo ovviamente, ma questo mi porto inciso nel cuore e questo voglio condividere con voi tutti.

Perdonatemi le inesattezze di cronaca e anche l’aver estrapolato una frase da un intero discorso e per aver magari attribuito significati lontani dall’intenzione dell’interlocutore.

Prendo in prestito le parole di questo padre per condividere una mia riflessione.

E’ nostro compito SEMPRE come genitori, ma anche come adulti, ovvero modelli di comportamento per i più giovani, dare più affetto e cioè dare ad ogni nostro figlio, figlio dell’umanità intera, la capacità di sentirsi non più entità separate ma corpo unico, in sintonia con tutto il mondo, proprio come in un’orchestra.

Ognuno consapevole in ogni momento che l’errore di uno è l’errore di tutti.

Sia per le vittime sia per i carnefici.

E’ l’umanità che ci perde la faccia.

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