La mia esperienza professionale inizia in un centro di psicologia presso il quale ho svolto durante il tirocinio post-lauream e per qualche anno successivo, collaborando come libera professionista, consulenze psicologiche e psicodiagnostiche.             

La mia attività consisteva nel valutare dal punto di vista psicologico personologico e psicopatologico i pazienti che accedevano al centro, attraverso l'uso di un repertorio integrato di questionari, inventari di personalità, batterie e tecniche testistiche (psicometriche e proiettive), colloqui clinici, e valutazioni osservative.

La formazione psicodiagnostica coltivata dopo la laurea in psicologia del lavoro e delle organizzazioni nasceva dal mio obiettivo di allora di occuparmi di selezione del personale, entrando a far parte, magari, nell’area risorse umane di qualche grande azienda.

Il mio tirocinio prevedeva anche attività da svolgere presso case famiglia per ospiti con disabilità psicofisiche. Questo evento ha cambiato il percorso professionale che avevo in mente. E non solo quello!           

Ogni ospite di quelle case famiglia mi ha fatto da specchio, inducendomi ad un laborioso processo di elaborazione delle emozioni. Incontrare col mio lo sguardo di quelle persone inizialmente mi faceva sentire a disagio poiché comprendevo che tutte le mie conoscenze e i miei lodevoli successi accademici non sarebbero serviti a niente con chi guarda e vive il mondo col sentimento più che con l’intelletto. Il confronto con la disabilità ha rappresentato per me una grande opportunità di crescita, di cambiamento, di impegno a guardarmi dentro e a formarmi come persona prima che come professionista, spogliandomi dello scudo del mio ruolo e della mia competenza tecnica.

L'acquisizione di questa consapevolezza è diventata la base del mio “nuovo” percorso professionale.

La mia attenzione alle categorie e ai soggetti più “deboli”, infatti, mi ha portato ad orientarmi verso il Terzo Settore, nel quale fondamentalmente la mia attivià professionale tuttora si evolve, articolandosi essenzialmente in quelli che sono i principali contesti di vita dei bambini e dei ragazzi (con o senza disabilità riconosciute): la scuola e la famiglia.

In collaborazione con le scuole e il Comune di Gaeta nasce l’Osservatorio Permanente sul disagio minorile (poi esteso alle scuole dei comuni limitrofi) come strumento operativo per la rilevazione sistematica dei dati indispensabili per l’identificazione e l’approfondimento dei bisogni, in base ai quali individuare interventi rapportati all’effettiva e mutevole condizione di disagio dei giovani.

La mia esperienza nelle scuole, come formatrice e come referente di sportelli di ascolto, ovvero come figura che si interfaccia con docenti genitori e alunni, mi ha fatto maturare negli anni delle considerazioni e  mi ha aperto nuove strade di approfondimento. Il dato rilevato di un crescente numero di ragazzi, per esempio, che da 10 anni ad oggi sempre più frequentemente mi richiede consulenza psicologica per un disagio vissuto in famiglia per la separazione dei genitori o comunque per una situazione di conflitto persistente tra i genitori, mi ha indotto a formarmi come mediatrice familiare.

Separarsi “bene” risulta un fattore estremamente protettivo per i figli, mentre la conflittualità familiare (sia che i genitori restino insieme sia che si separino) risulta un fattore fortemente dannoso per l’equilibrio emotivo degli stessi.

Altra riflessione maturata lavorando nei contesti scolastici è che spesso il senso comune porta a credere e a ritenere che l’insuccesso scolastico, la dispersione, l’abbandono e la difficoltà di apprendimento in genere siano dovuti fondamentalmente ad una mancanza di volontà e di impegno da parte dell’alunno, il quale, in quanto ragazzo/bambino “intelligente” non può non apprendere. A seguito, invece, di accurate diagnosi iniziali e di una puntuale valutazione delle funzioni carenti è stato possibile non solo, in molti casi, progettare interventi riabilitativi specifici per trattare le difficoltà di ogni specifico singolo soggetto, ma anche rilevare, in ragazzi con intatta capacità intellettiva, disordini intrinseci, a volte presenti da fasi evolutive precedenti, manifestantisi con significative difficoltà nell’acquisizione e uso di abilità di comprensione del linguaggio orale, espressione linguistica, lettura, scrittura, ragionamento o matematica.

Ciò ha sollecitato la mia intenzione e il mio impegno personale e professionale a formarmi nella diagnosi e nel trattamanto dei disturbi specifici di apprendimento per contribuire a rendere sempre più efficace sereno e naturale il processo di apprendimento, dall’infanzia ai successivi cicli evolutivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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